venerdì 19 agosto 2011

La città impara ad ascoltare



Il primo utensile estratto dalla cassetta degli attrezzi consiste dunque in una elementare introduzione all’ingegneria acustica applicata all’edilizia scolastica. Il secondo – assolutamente correlato – consiste in una pratica di riciclo creativo (che riutilizzi imballi, materiali porosi e cartoni di grande formato), finalizzata alla realizzazione di oggetti d’arte funzionali, sul modello del diffusore a resto quadratico (o di Schroeder) e dei risuonatori di Helmholtz.
(cfr. abbassareilvolume.blogspot.com)

Una volta affrontato il grado zero della questione e indicato come ripristinare un ambiente acustico accettabile, tool set estrae i grimaldelli teorici.
Muovendo dall’elaborazione di Alfred Tomatis, l’otorino che dedicò le sue ricerche ai rapporti tra orecchio e cervello, il primo che utilizzò Mozart come una sorta di equalizzazione preliminare all’ascolto e all’apprendimento, in particolare delle lingue straniere. L’assunto di base dell’autore del metodo audio-psico-fonologico è il seguente: ciascuno di noi nasce in un particolare ambiente sonoro, che condiziona il diaframma selettivo dell'udito. Si tratta di una banda uditiva propria della lingua alla quale si appartiene. Per esempio, gli inglesi parlano tra i 2.000 e i 12.000 Hz, i francesi tra gli 800 e i 1.800 Hz, gli italiani fra i 2.000 e i 4.000 Hz. Di qui la difficoltà di entrare nelle altre bande uditive. “Se la lingua che vogliamo imparare usasse i fonemi della nostra e possedesse lo stesso ritmo, non avremmo problemi”. Le ricadute sono molteplici: da una diversa interpretazione dei disturbi legati alla scolarità (le difficoltà di lettura rimandano sempre a difficoltà d’ascolto), ai disturbi posturali e dell’età evolutiva.
Su un binario parallelo le teorie e la pratica di Edwin E. Gordon, conosciute come Music Learning Theory, un modo per sviluppare l’intelligenza musicale, per crescere con la musica, a partire – con una sintomatica convergenza con Tomatis – dall’età prenatale.
E poi l’esperienza del maestro ignorante di Jacotot (giusta l’associazione con quella di Don Milani e – se vogliamo – con quella di Fernand Deligny coi bimbi autistici), le mille orchestrine venezuelane di Abreu, i maestri di strada napoletani e molto altro.

In un approccio apparentemente eterodosso e laterale, che si rivela invece scientifico e materiale.



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